L’etimo di
Sorrento, secondo l’archeologa Paola Zancani Montuoro, non sarebbe riferibile al mito delle sirene, ma deriverebbe dal verbo greco “surreo”, che significa “concorro”, “scorro insieme” o anche “confluisco”. In questo caso il toponimo corrisponderebbe perfettamente alla morfologia del costone sorrentino, dotato di due corsi d’acqua che sboccano in mare distinti e distanti, circonvallando la città
Sorrento si trova al centro di una regione abitata sin dal Neolitico. I reperti archeologici custoditi in parte nel Museo Correale e in parte a Villa Fondi, nel Museo Gorge Vallet, a Piano di Sorrento, sono la testimonianza della presenza di centri abitati sia in collina sia in pianura in età eneolitica ( tombe della Civiltà del Gaudo).
La pianta della Surrentum antica.
Gli scavi archeologici hanno ricostruito una pianta con otto cardini e otto decumani di forma rettangolare con l’asse principale orientato in senso est-ovest, cinta da da mura. Gli assi principali in senso est-ovest erano costituiti dalle strade di via Pietà, via San Cesareo e via Fuoro, vico II Tasso, via San Paolo e via Imperiale di Russia; gli assi viari nord-sud corrispondevano alle attuali vico II Pietà e vico delle Grazie, via Arcivescovado, Strada Tasso e via Parsano, vico Fuoro, vico II Fuoro, via della Strettola, via Sopra le mura, Strada di Sant’Antonino.
Presso la Porta Parsano sono visibili i resti risalenti al IV - II secolo a.C; anche sul Corso Italia, nella Villa Fiorentino, sono state rinvenute vestigia antiche.
La storia antica di Sorrento è ricostruibile in base sia ai dati archeologici sia alle molteplici fonti antiche anche se spesso frammentarie e di difficile interpretazione.
Le origini di Sorrento, infatti, sono controverse per gli studiosi: secondo il Beloch l’origine era di sicuro greca mentre l’Huxley, basandosi su frammenti di Stesicoro, preferiva indicare un’origine etrusca. Questa duplicità di tesi scaturisce dai testi a disposizione e che offrono il fianco alle varie posizioni interpretative anche se recentemente si propende per riaffermare l’ottica calcidese (origine greca).
Secondo la tradizione, risalente allo storico siciliano Timeo, fu un re Ausone il più antico re della zona. Quest’affermazione trova riscontro nel racconto di Diodoro… Si narra che Liparos, figlio di Auson, cacciato dalla sua terra si rifugiò a Lipari e vi fondò una città. Pochi anni dopo vi approdò Aiolos che sposò Kjane, la figlia di Aiolos. Divenuto vecchio, Aialos espresse il desiderio di rivedere la sua terra e, aiutato da Liparos, giunse a Sorrrento e ne divenne il re. Qui, dopo la morte ebbe una sepoltura fastosa degna del suo lignaggio che i Sorrentini vollero tributargli per la sua ospitalità e modi gentili..
Poche sono le notizie tramandateci per le epoche immediatamente successive, probabilmente perché, facendo parte della lega nocerina, Sorrento non potè battere moneta. Si sa che fu sottomessa a Siracusa per un breve periodo (sec. V) , passò poi ai Sanniti e quindi ai Romani. In età imperiale, tra l’età di Cesare e quella di Adriano, Sorrento è famosa ed è citata da vari autori perchè i patrizi romani furono attratti dal clima mite e provvidero a far costruire molte villae marittime lungo la costa. Ricordiamo, ad esempio, Villa Pollio Felice al Capo di Sorrento e la Villa di Agrippa Postumo, sotto l'attuale Hotel Syrene. La villa fu fatta costruire dallo sfortunato nipote di Augusto. Attualmente si possono solo vedere dei ruderi delle peschiere. La villa era parte di un vasto complesso monumentale che poi fu inglobato nel monastero di San Paolo.
Sorrento nell’età medievale
Occupata dai Goti, dai Longobardi e dai Bizantini (552), fu eretta a Ducato sotto Sergio I. Dopo aver subito un vano assedio del principe di Benevento Siccardo (835), nel corso del IX secolo fu minacciata da Amalfi che aveva cessato di far parte del ducato di Napoli e si comportava da potenza indipendente. Nel 1039 fu conquistata da Guaimario V che la lasciò tuttavia in condizione semi-libera. Nel 1137 cadde infine sotto il dominio dei Normanni.
Sorrento godette di una maggiore autonomia rispetto alle altre cittadine, infatti non fu data in feudo ad alcun nobile e anche se dovette rinunciare all'indipendenza politica, poté conservare i privilegi aristocratici ed il controllo dei casali di Massa, Piano e Vico. All’inizio del sec. XIV (forse nel 1319) nel periodo angioino, la nobiltà si divise in due Sedili ( o Piazze ), con la costituzione, in contrapposizione all'originario Sedile di Porta, del Sedile di Dominova. Il prestigio dei Sedili di Sorrento fu notevole tanto da contendere, nel periodo spagnolo, alcuni privilegi alla stessa capitale, Napoli. Essi si riunivano separatamente per eleggere i propri rappresentanti nel Consiglio della città, del quale faceva parte anche una minoranza eletta dalla “Piazza del popolo”. Il Consiglio era formato da magistrati con incarichi specifici ed era guidato da un esecutivo di tre sindaci (uno per Piazza) coadiuvato, in epoca spagnola, da alcuni collaboratori (gli eletti). I sindaci presiedevano anche il parlamento cittadino e ne attuavano le deliberazioni.
L’Università, cioè l’organo amministrativo della comunità sorrentina, ricavava i mezzi economici necessari ai pagamenti fiscali allo Stato, alle spese di gestione e alle opere pubbliche, dalla tassazione indiretta dei generi alimentari (gabelle), delle attività lavorative (le collette) e dei beni immobili (il catasto). Dei tre settori del fisco, il primo era il più importante e si basava sulla gabella della farina.
Molto intenso era il traffico marittimo tra Sorrento e i vari porti del Golfo di Napoli e del Mezzogiorno. I prodotti commerciati erano: frutta, vino, olio, carne e derivati del latte.
Le rendite più cospicue erano appannaggio delle famiglie nobiliari e del clero.
Sorrento nell’età moderna
Sorrento subì un grave colpo dall’invasione dei turchi che la saccheggiarono e devastarono nel 1558.
La prima conseguenza dell’attacco dei pirati fu la fortificazione della cerchia delle mura e la costruzione delle torri costiere, che erano state già in precedenza ordinate dal Re ma mai realizzate.
In quel periodo lunghe furono le lotte sostenute dalle popolazioni contadine dei Casali e dei paesi limitrofi, sottoposti da secoli ai soprusi dei patrizi sorrentini, per ottenere l'autonomia..Ci fu un ristagno economico determinato in parte dall’ impoverimento delle risorse e dagli effetti della pressione fiscale spagnola. E' in questo contesto che si colloca la rivolta del genovese Giovanni Grillo (1648). Sfruttando una serie di contrasti secolari con la nobiltà locale, il Grillo riuscì ad unire i popolani del Piano e i contadini della stessa Sorrento guidando un infruttuoso assedio che durò 14 mesi.
Nell'età della Controriforma la vita artistica e sociale della città "patrizia" decadde. Sorsero varie accademie e si diffusero innumerevoli ordini monastici, tanto da dare a Sorrento una marcata impronta conventuale.
Nel 1799 la cittadina aderì alla Repubblica Partenopea. Nel governo provvisorio instaurato dai Giacobini per governare il Napoletano oltre al cittadino massese Bozzaotra trovò posto anche un esponente della Penisola Sorrentina, Nicola Fasulo. L’insurrezione comportò dei sacrifici per i Sorrentini anche se non tutti furono favorevoli alla diffusione delle nuove idee di libertà. Fu favorita, proprio per quest’ultimo atteggiamento di rifiuto da parte degli abitanti, l’opera dei reazionari che comportò un ritorno dei Borboni sul trono di Napoli. Nel mese di aprile, infatti, le navi inglesi e borboniche sbarcarono truppe in Penisola, per una rapida conquista delle città perdute. L’armata francese, intanto, marciava verso il Regno di Napoli. I Paesi della Penisola, fedeli ai Borboni, si opposero all’avanzata che perciò si fermò a Castellammare. I Francesi, dopo aver conquistato Vico, assediarono Sorrento. I Sorrentini non si arresero, anzi uccisero un soldato francese e ferirono un ufficiale. A questi eventi il generale ordinò la presa della città che fu evitata solo grazie all’intervento dell’Arcivescovo Monsignore Pepe il quale si presentò con un quadro del Tasso decantando i fasti di Sorrento, e sostenendo che non poteva essere distrutta la patria di uno scrittore così famoso. I Francesi, prima di partire da Sorrento, distrussero parte del Castello che delimitava le mura di confine e di difesa della città. Alla partenza del generale Mcdonald, i Borboni aiutati dall’esercito del cardinale Ruffo, sottomisero Napoli e le città della costiera fra le quali Sorrento.
Sorrento nell’età contemporanea
Nel primo periodo borbonico si andò intensificando l'attività marinara e la pesca del tonno, fiorente fino agli inizi del sec. XX. Nel 1805, la penisola e tutto il Regno di Napoli fu sottoposta all’attacco francese in quanto Ferdinando IV si alleò con Austria e Russia contro il nuovo astro nascente, Napoleone. Nel 1806 Ferdinando fu cacciato da Napoli e sul trono s’insediò prima Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, successivamente Gioacchino Murat. Tra francesi e nobiltà sorrentina i rapporti furono tesi ed i cinque Casali (Meta, Sant’Agostino, Carotto, Ancora e Maiano) chiesero ed ottennero (1809) l’autonomia amministrativa. I Sedili nobiliari di Sorrento vennero aboliti.
La Penisola dovette subire la presenza dei Francesi che venivano mantenuti dai ceti più umili. Gli Inglesi erano sempre presenti lungo la costa e tentarono più volte di conquistare Massa, Meta e Capri. Murat, avendo assistito da Massa alle operazioni belliche e avendo constatato il pericolo incombente, ordinò la costruzione opere di fortificazione del litorale sorrentino. Nel 1815, con la sconfitta di Waterloo, a Napoli ritornò il Borbone Ferdinando che assunse il titolo di Ferdinando I, re delle Due Sicilie. Col ritorno dei Borboni la Penisola ritrovò la pace e ripresero le attività commerciali. Iniziò, infatti, un periodo florido per agricoltura, cantieristica, artigianato, turismo.
Il 1832 è un anno importante per Sorrento perché Ferdinando II di Borbone decretò la costruzione della strada Castellammare-Meta che fu terminata nel 1834. L’opera era un’esigenza molto antica perché raggiungere Sorrento per via terra significava percorrere un sentiero che s’inerpicava sulle montagna di Vico fino a giungere a Lavinola, scomoda e pericolosa anche per i più esperti cocchieri.
Nel 1837 il colera si diffuse a Sorrento e fu costruito il Cimitero per i colerosi.
Il Decurionato cittadino nella riunione del 29 settembre 1840 diede avvio alla Sorrento Vallone Dei Mulini - Piazza Tasso trasformazione di Sorrento con le delibera di abbattere il castello del 1459 sito all’ingresso della città, dove oggi c’è Piazza Tasso. Cominciarono anche gl’interventi sul Vallone dei Mulini sconvolgendo gli equilibri preesistenti fondendo il centro con il borgo ed attivando così l’espansione dell’urbanizzazione al di fuori della cinta muraria risalente al periodo del vicerè.
Il Risorgimento fu vissuto con grande partecipazione anche dai Sorrentini e molti furono coloro che parteciparono alle lotte per l’indipendenza
Dopo l'Unità S. Agnello si rese autonoma (1865), mentre Sorrento subiva il "risanamento edilizio" che ne cambiò l'antico aspetto. L’antico impianto urbano romano, quello del cardo e del decumano, fu stravolto dalla costruzione di una nuova strada, l’attuale Corso Italia (1866). La strada fu l’unica ad avere marciapiedi dove ben presto si allinearono i palazzi dei ricchi e i negozi di lusso.
Nel 1898 fu inaugurata la rete elettrica e nel 1899 Sorrento e gli altri Comuni della Penisola formarono un consorzio e approvarono il progetto e lo Statuto per la costruzione di una linea tramviaria elettrica. Il servizio divenne definitivo nel 1906. Il collegamento tranviario iniziava a Castellammare e terminava a Sorrento, in piazza Mercato, si svolgeva su un solo binario e il viaggio era sempre pieno di punti interrogativi per la mancanza improvvisa della corrente.
Intanto, a Sorrento, molteplici furono le demolizioni iniziate nell’Ottocento come quello realizzato nel 1912 della Porta della Marina di Capo Cervo (l’attuale Marina Piccola). Essa fu abbattuta per lasciare spazio ad un doppio tornante carrabile che seppellì l’antica gradinata e gran parte delle case dei pescatori per attuare la realizzazione del porto.
Il primo ventennio del Novecento vide anche i sorrentini partire per la Grande Guerra e lutto e dolore coinvolse intere famiglie. Nel periodo fascista i Comuni furono riuniti in unico Comune denominato Sorrento, ma la sede del Municipio veniva fissata in Sant’Agnello. Alla caduta del Fascismo i Comuni si staccarono da Sorrento avendo ottenuto l’autonomia.
Nel 1948 fu abolita la linea tramviaria e fu utilizzata esclusivamente quella ferroviaria costruita nel 1943.
Negli anni sessanta Sorrento ha avuto dei notevoli cambiamenti urbanistici, sono state costruite nuove strade e si è incrementata la cementificazione della cittadina.
fonte: https://www.penisola.it/sorrento/storia.php
Amalfi è un richiamo continuo per i turisti di tutto il mondo, il luogo di una primavera perenne. Le tonalità cromatiche, che variano di ora in ora, rendono questo mare assolutamente ineguagliabile. In questo angolo di paradiso, la storia e la leggenda si intrecciano e creano un insieme inscindibile.
Secondo la tradizione Ercole, il dio pagano della forza, amava una ninfa di nome Amalfi: ma il suo amore ebbe breve vita. Ella si spense ed Ercole la seppellì nel posto più bello del mondo e per immortalarla ne diede il nome alla città da lui ivi costruita.
Il nome Amalfi
Per la storia invece fu fondata dopo la morte di Costantino, trae le sue origini da famiglie romane che, imbarcate per Costantinopoli, furono travolte dalla tempesta nel golfo di Policastro. Vi avrebbero fondato una «Melphes» l’attuale Melfi, poi trasferitisi più a nord, avrebbero preso dimora nell’attuale Amalfi, fondandola col nome di «A-Melphes».
Gli albori di Amalfi
Le prime notizie risalgono al 533, al tempo della guerra greco-gotica. Con la vittoria di Narsete su Teia, Amalfi passa sotto il dominio dell’impero Bizantino ed entra nel ducato di Napoli. Nel VI secolo diviene sede vescovile. Il vescovo assolveva funzioni religiose e provvedeva alla difesa della città. Nell’836 Sicardo, duca di Benevento, saccheggiò Amalfi, deportandone gli abitanti in Salerno.
Nell’839 ucciso il duca Sicardo, gli amalfitani si ribellarono e conquistarono potenza e autonomia fino alla fine dell’XI secolo. Amalfi iniziò un’astuta politica nei riguardi dei due imperi e degli altri Stati italiani. Lo fece per salvaguardare i propri interessi commerciali e sconfisse i saraceni che ne insidiavano il traffico.
In un primo tempo fu retta a Repubblica, verso l’850 con due «prefetti» annuali, poi da «giudici», ed infine dal 958 da «duchi dogi».
Amalfi e i duchi dogi
Sulla loro elezione avevano un formale diritto di conferma gli imperatori d’Oriente, ma in realtà la città si amministrava in piena libertà, con leggi magistrati e monete proprie.
Le esigenze di difesa e del commercio marittimo, spinsero spesso Amalfi ad allearsi con i saraceni. Ludovico II, contro i bizantini, che volevano ripristinare la sovranità dell’impero d’Oriente. L’alleanza con i saraceni fu comunque instabile e poco duratura. Questi infatti, nel 915, dopo una furiosa battaglia furono battuti e definitivamente cacciati dal territorio amalfitano.
Amalfi, l’anno 1000
Nel 920 sempre per mano degli amalfitani furono cacciati da Reggio Calabria. Per tutto il X secolo e l’inizio dell’XI, gli amalfitani ebbero un’espansione commerciale ed una solida prosperità economica occupando nel Mediterraneo quel posto che più tardi ebbero Pisa e Genova.
La ricchezza di Amalfi fu tale in questo periodo che Guglielmo Appulo scrisse che nessuna città era più ricca d’oro, di argento e di stoffe di ogni sorta e che vi si incontravano arabi, siculi, africani e persino indiani. Si spiega così la ricchezza delle sue consuetudini marittime, che ebbero dagli amalfitani una delle loro più antiche codificazioni, nella famosa «Tabula Amalphitana» che era il codice marittimo più accreditato di tutte le nazioni marinare dell’epoca.
Amalfi, dominatrice del mercato
Esso regolamentava i rapporti tra padrone di nave e marinai e fra marinai e mercanti. La stessa leggenda di Flavio Gioia, vissuto probabilmente agli inizi del XIV secolo, conferma ad Amalfi il vanto d’aver per prima perfezionato la bussola a vantaggio della navigazione e fornito materiale delle prime carte nautiche medievali.
Dominatrice del mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti preziosi, nel X secolo coniò il soldo d’oro, il tarì d’oro e d’argento, che erano in circolazione nell’impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete erano simili a quelle musulmane ciò a dimostrazione del fatto che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli arabi che con i bizantini.
Il notevole sviluppo di Amalfi era dovuto in gran parte alla indipendenza di cui godeva; ma la limitatezza del territorio e la debolezza militare per la carenza dell’appoggio bizantino rendeva insicura questa indipendenza.
Amalfitani e salernitani
Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno, s’impadronì del ducato di Amalfi e sebbene ridette il potere al duca Mansone II il cieco che ne era stato privato dal fratello Giovanni II, stabilì in realtà il dominio salernitano sulla città. Pressati dai salernitani, gli amalfitani governati da Sergio IV si rivolsero a Roberto il Guiscardo nel 1073.
Salerno capitolò ma gli amalfitani dovettero lasciar occupare la loro città dai Normanni, riavendo la pace a costo della libertà. Il «terror mundi» si mostrò magnanimo verso gli amalfitani, accordando loro una certa autonomia. Dopo la morte del principe normanno nel 1085, Amalfi cercò più volte di scuotersi dal giogo normanno.
Letteratura e storia di Amalfi
Nel 1135 Amalfi subì un orribile saccheggio da parte dei Pisani «traditori» chiamati in soccorso contro la prepotenza normanna. E’ da questo periodo che ha inizio la decadenza di Amalfi.
Nel 1343 una spaventoso maremoto, descritto dal Petrarca, investì la costiera; gran parte dell’abitato andò distrutto (con esso probabilmente anche il palazzo Ducale, citato in un documento come «palatium amalphitanum»), furono sommerse le fortificazioni, i cantieri navali, i magazzini e le attrezzature marittime. Cinque anni dopo, la famosa peste del 1348, descritta dal Boccaccio, completò l’opera di distruzione fra gli uomini.
La bellezza di Amalfi
Amalfi e tutte le cittadine della costa che erano state splendide località popolate e fortificate, ricche di sontuosi palazzi, ornati di affreschi, marmi, colonne, fontane, si avviavano a diventare modesti paesi che, privi della ricchezza che veniva dal mare ritornarono alla economia tradizionale della pesca, dell’artigianato locale e dell’agricoltura.
Soltanto sul finire dell’Ottocento l’affermarsi del fenomeno turistico ridiede incremento ad una città che costituisce l’epicentro economico di tutta la costiera che da Amalfi prende il nome.
https://www.costadiamalfi.it/storia-di-amalfi/